Cerca
Close this search box.

La Formazione in ANUPI tra psicomotricità e neuropsicomotricità

Di fronte ad un bambino che si esprime attraverso la parola e il corpo, che gioca, simbolizza con gli oggetti, produce delle performances spaziali, corporee (…) la formazione psicomotoria passa attraverso l’acquisizione della capacità personale di comprendere e interagire profondamente con queste produzioni …”  

La libera iniziativa di singole scuole private nate negli anni ‘70 lasciò il posto, a partire dal 1985 e sotto il patrocinio morale del Prof. Bollea, ad un coordinamento delle scuole triennali, che rispondevano a criteri omogenei e al principio di un reciproco riconoscimento, pur conservando le proprie concezioni psicomotorie e specificità formative.

L’obiettivo comune era la possibilità di definire un profilo dello Psicomotricista e conseguire il riconoscimento della relativa figura professionale. Poco anni dopo (1987) nacque L’ANUPI che si assunse il compito, politico e scientifico di portare avanti questa battaglia.

Il principale punto di omogeneità tra le scuole di psicomotricità stava nella strutturazione, all’interno dei percorso formativi di tre aree integrate: la formazione teorica, la formazione pratica e la formazione personale. Restavano modulazioni più o meno forti tra linea funzionale e linea relazionale della concezione psicomotoria e un diverso investimento sul tema educativo.

Un accento particolare veniva dato da più scuole alla formazione personale corporea che muoveva le sue strategie di cambiamento attorno al binomio tono-emozione, attraverso la sperimentazione di un piacere condiviso, l’attivazione di una dell’apertura empatica all’altro.

Nell’ambito della formazione pratica viene ampiamente studiato il tema dell’osservazione dell’interazione psicomotoria, e strumenti via via più raffinati vengono messi a punto per validarne l’efficacia.

“L’uso sistematico dell’osservazione microanalitica permette la progressiva costruzione di un linguaggio descrittivo comune in termini di azioni e modi dell’azione”

Se i primi anni delle scuole triennali raccolgono dagli allievi motivazioni personali di ricerca e aggiornamento, successivamente va crescendo una motivazione e una struttura della formazione sempre più  professionalizzante e si compone una articolata teoria della pratica clinica ed educativa.

Richiamandosi a Wallon e Ajuriaguerra, Giovanni Chiavazza così centrava quello specifico psicomotorio attorno al quale prende senso la formazione pratica e teorica:

“nell’adulto come nel bambino vi è un ambito di variabilità tonico-posturale che è sensibile alle sollecitazioni ambientali, è legata a componenti emozionali e produce effetti sulle condotte adattive; questo ambito assume un valore di espressione, di significazione e di simbolo” ed “è modificabile con approcci relazionali che fanno perno sull’azione” e l’interazione

Nel processo di elevazione della formazione professionale a livello universitario e con la successiva istituzione della laura triennale per i Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva si arriva a una graduale ridefinizione delle scuole private tradizionali, che gradualmente divengono maggiormente agenzie di formazione permanente post-laurea.

I corsi universitari raccolgono in parte l’eredità delle formazioni triennali private e apportano strumenti per una competenza più specifica nelle aree disciplinari di area sanitaria. Il passaggio al pubblico e l’impatto con la struttura formativa universitaria comporta però anche qualche caduta qualitativa rispetto alle formazioni tradizionali: la formazione personale e il tirocinio rischiano di perdere peso o sono attivati faticosamente e le aree disciplinari parcellizzate rendono più difficile la coordinazione e l’unitarietà del processo formativo. L’Anupi si interfaccia costantemente con questa realtà con l’obbiettivo di integrare le risorse e i valori della sua storia.

Con gli anni 2000 si va diffondendo a partire dall’Università Milano-Bicocca l’insegnamento di Pedagogia del Corpo e della Psicomotricità, fino alla creazione da due anni a questa parte di Master Universitari per la formazione di Psicomotricisti di area educativa, che avvia il percorso per il riconoscimento di una figura psicomotoria in campo pedagogico. Una commissione Anupi sta completando la definizione dei criteri per un primo riconoscimento, interno all’associazione, di questa figura.

Il cammino evolutivo evidente dei percorsi formativi rispecchia la progressiva trasformazione del ‘campo’ e in particolare il processo dinamico della ricerca  sullo sviluppo. A questo proposito la formazione e la pratica del Neuropsicomotricista e dello Psicomotricista assimilano i risultati dell’Infant Research, della ricerca neurobiologica, riconoscendovi una parte della propria identità storica.

(1) Mauro Zaccaria, in ‘Pratica Psicomotoria’, n° 2, CPV, Treviso 1985                                                 (2) Eraldo Berti, Un’ottica formativa, in ‘Psicomotricità’, n° 14, Corpo Nove sas, Milano 2002                  (3) G. Chiavazza, Note per un dibattito sulla formazione in Psicomotricità, in ‘Psicomotricità’, n° 4, Dega Design Group, Milano 1998

CONDIVIDI
Torna in alto