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Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età Evolutiva

 

Specificità di un ruolo professionale

 

a cura di Claudia Boni TNPEE e Psicomotricista

 

 

Per meglio precisare la specificità del nostro ruolo professionale ci pare utile avanzare alcune considerazioni relative alla tipologia  dell’utenza attualmente seguita nelle Unità Operative di Neuropsichiatria infantile avvalendoci, a titolo esemplificativo, dell’esperienza del Polo per i trattamenti Psicomotori della U. O di N.P.I. di Bologna, attivo dal 1996 con la specifica funzione di rispondere ai bisogni di salute mentale emergenti nella prima infanzia. (1)

Il dato più interessante, rispetto all’evoluzione della domanda , riguarda l’affermarsi nel corso degli anni di una richiesta di intervento specifica rispetto ad una utenza la cui diagnosi principale viene espressa in massima parte sull’asse 1 del codice diagnostico I.C.D 10 come Disturbo Generalizzato di Sviluppo (D.G.S.), accanto alla tradizionale utenza con Disturbo emozionale o comportamentale ad espressione tipicamente psicomotoria (ipercinesia, inibizione) ed alle forme di disturbi specifici misti e disturbi della funzione motoria.

Per quanto riguarda i più piccoli la domanda si riferisce prevalentemente alle forme che nel codice diagnostico americano 0-3 vengono definite come Disturbo Multisistemico (D.M.S.) e Disturbo della Regolazione, accanto alle tradizionali forme di ritardo psicomotorio.

Il  progressivo aumento delle segnalazioni relative ad una problematica così seria, non riflette soltanto la difficile praticabilità di altre soluzioni terapeutiche, ma anche il riconoscimento della pertinenza dell’approccio psicomotorio nei disturbi precoci di comunicazione, relazione e organizzazione di personalità.

 

È ormai acquisito che le classiche distinzioni nosografiche cui corrispondevano rigide indicazioni terapeutiche, non possono applicarsi ai disturbi di sviluppo, poiché in età precoce ed in  sintomi quali ritardo psicomotorio, ritardo di linguaggio, disturbo emozionale, la difficoltà di costruire schemi d’azione integrati, di concettualizzare l’azione in parole e d’instaurare relazioni “sé –oggetto” differenziate, si riverberano patologicamente in modo circolare e rendono inopportuno intervenire settorialmente.

Allo stesso modo è ormai acquisito che interventi integrati, basati sulla considerazione dello stretto intreccio tra sviluppo funzionale e dinamiche relazionali e sulle proposte più utili a promuoverlo, possono risultare efficaci in una vasta gamma di disturbi che si traducono in uno sviluppo disarmonico.

A questo proposito, anche in ambito psicoterapeutico, autori sensibili all’integrazione delle diverse pratiche  in campo preventivo e clinico, come  S. Greenspan (2) auspicano che tutti gli interventi tengano conto della centralità dei processi di strutturazione dell’”io” a partire dall’organizzazione di un sistema di comunicazione preverbale e prerappresentazionale.

In questa prospettiva  evolutivo strutturalista lo sviluppo adeguato di processi quali: l’attenzione condivisa, il coinvolgimento interattivo, la gestualità intenzionale reciproca e le sequenze comportamentali del tipo “mezzo-fine”, diventano obiettivo terapeutico specifico, in quanto indispensabili all’emergenza di processi di comunicazione più differenziati e simbolizzati, ma non solo, anche elementi centrali, nella formazione di una personalità meglio integrata.

La metodologia psicomotoria, per la sua base epistemologica (integrazione tra psicologia dell’età evolutiva e psicodinamica, etologia e semiologia) e per il setting che propone, può essere un approccio privilegiato nell’affrontare difficoltà specifiche di questi livelli precoci di sviluppo, spesso presenti anche in bambini che possiedono già alcune capacità simboliche, ma sono rigidi, ripetitivi, disorganizzati o inibiti.

La possibilità che offre di servirsi in modo dinamico della varietà delle espressioni infantili, da quelle senso-motorie a quelle simbolico-immaginative e costruttivo-grafiche, consente di graduare l’aiuto terapeutico adattandolo anche a stadi precoci e disorganizzati di sviluppo.

Setting e competenze di tipo psicomotorio, sono utilizzate inoltre in diverse esperienze avanzate di neuropsichiatria infantile (…) che evidenziano come i disturbi di sviluppo rappresentino attualmente la vera emergenza neuropsichiatrica, colpendo la popolazione infantile in proporzione dieci volte maggiore della patologia fissa, ritengono che il percorso di recupero, nell’intreccio tra deficit e conflitto tipico di questi disturbi, possa partire solo da proposte interattive che usino il movimento come organizzatore di esperienze di integrazione psicosomatica e lo spazio come contenitore ed organizzatore delle comunicazioni preverbali (3).

Poiché in fase precoce l’attività mentale può essere descritta in termini di spazio interno/esterno, è possibile usare lo spazio come virtuale spazio mentale in cui il bambino può essere aiutato dalle discontinuità  e dalle significazioni proposte dall’adulto a costruirsi la rappresentazione dei propri confini rispetto all’altro e della propria continuità psichica. Dimensioni esperienziali concrete vengono così ad assumere il valore di “significanti presimbolici” sui quali far emergere i primi segnali di coinvolgimento intenzionale.

È a partire da questi, in un contesto di attenzione condivisa, che il Terapista della Neuro e Psicomotricità svolge una funzione integratrice, selezionando, mantenendo, rilanciando i segnali che il bambino invia in modo caotico, frammentato, rigido e/o perseverativo, per ampliare l’ambito della segnalazione intenzionale e della significazione.

Abbiamo sempre notato che, nei casi di grave disturbo della comunicazione, il contesto sensomotorio si rivela ideale, perché permette di mediare la presenza dell’adulto in funzione iniziale di supporto, contenimento, specchio di ricezione dell’attività del bambino e di organizzazione delle sollecitazioni che ne derivano, orientandole in senso interattivo.

E’ inoltre un contesto ideale per affrontare nei giochi di rassicurazione profonda (4) (apparire e scomparire, distruggere e ricostruire, perdere e ritrovare l’equilibrio) paure arcaiche connesse al deficit di integrazione e differenziazione.

Anche nei bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo più gravi osserviamo che, non appena è possibile instaurare un codice di reciprocità, a partire dai parametri preverbali, è possibile anche stabilizzare l’attenzione verso sequenze interattive e veder comparire isole di attività rappresentazionale e parole che fissano il senso dell’interazione.

A partire da questo momento è più facile costruire col bambino sequenze di gioco sempre più articolate, affrontando quelle che appaiono, sempre più chiaramente, come le principali aree tematico-affettive problematiche (fase dell’elaborazione e differenziazione rappresentazionale, secondo il modello evolutivo strutturalista).

(…) Nei bambini con  Disturbi di sviluppo specifici e Disturbi emozionali e comportamentali (spesso correlati ai primi) viene proposto l’intervento di gruppo perché ricco di possibilità interattive.

Va precisato però che occorre una sufficiente organizzazione dell’identità ed una conseguente capacità di separarsi dal genitore per permettere ad un bambino di entrare proficuamente all’interno di un’attività di gruppo. La possibilità della conduzione abbinata tra due neuropsicomotriciste può permettere di seguire anche bambini molto disturbati sul piano comportamentale, garantendo la costante gestione del gruppo, accanto alle necessarie risposte individuali. Il gruppo va a rappresentare in questo modo sia un contenitore che un mediatore della relazione, nel quale il bambino può graduare la distanza emozionale.

Nel gioco di gruppo è più facile, attraverso la dinamica di identificazioni con i compagni, elaborare aree emozionali problematiche, giungendo ad un maggiore livello di differenziazione rapppresentazionale ed integrazione tonico affettiva.

La metodologia psicomotoria, basata sulla conoscenza delle leggi di funzionamento del gioco infantile, nell’equilibrio tra contenuto, forma ed emozione, mira ad aiutare i bambini, rispetto alle aree problematiche di ciascuno, ad organizzare un “buon gioco” (5) nella convinzione che esso sia il contesto specifico, in età precoce,  per affrontare ed integrare aspetti evolutisi in modo disarmonico.

Il lavoro di gruppo dura da uno a tre anni, a seconda dell’età dei bambini e del livello di sviluppo. Nell’esperienza più recente, il lavoro di gruppo si è rivelato utile oltre le aspettative anche per bambini con aspetti disarmonici molto evidenti così come confermano le esperienze illustri di Anna Fabrizzi (Università La Sapienza –Roma) e di Dora Knauer (Ginevra)

Mentre il percorso dalla diagnosi alla presa in carico è piuttosto lineare nel caso di bambini con D.G.S. e D.M.S (la terapia psicomotoria individuale viene richiesta come prima indicazione terapeutica e quella logopedica, se necessaria, inserita successivamente quando il bambino è in grado di affrontarla), per i numerosi bambini con disturbi di linguaggio (D.S.L.) che seguiamo, l’intervento psicomotorio è stato finora chiesto in modo piuttosto disomogeneo.

Questi bambini vengono inviati a noi se il disturbo emozionale connesso rende indispensabile lavorare prima sulla stabilizzazione dell’attenzione ed il coinvolgimento interattivo, oppure quando sono già seguiti in terapia logopedia, ma difficilmente gestibili per l’assetto emozionale disturbato. (…)

Partendo dal presupposto che nei disturbi di sviluppo il nodo centrale su cui riflettere, per avanzare proposte sempre più precoci e mirate, riguardi innanzitutto l’uniformità di criteri diagnostici, pur nel rispetto dell’unicità di ciascun bambino, un contributo essenziale che il neuropsicomotricista svolge all’interno dell’equipe di neuropsichiatria infantile riguarda proprio la possibilità di intervenire nel momento in cui viene richiesta un’osservazione ai fini di integrazione diagnostica, mettendo a disposizione un setting ed una competenza utili a rilevare in breve tempo segnali evolutivi o a mostrare ripetizioni patologiche.

 

Questi aspetti possono contribuire ad orientare i clinici nella diagnosi differenziale di disturbi complessi e multifattoriali, come i disturbi dello spettro autistico o, nei piccolissimi, ad ipotizzare l’evoluzione di un disturbo multisistemico o di regolazione oppure di un ritardo psicomotorio, forme come è noto spesso di difficile discriminazione, senza che sia possibile un’osservazione ripetuta nel tempo, che offra al contempo un trattamento di facilitazione allo sviluppo.

Questi trattamenti osservativi, posti all’interno di in un contesto flessibile, attuati da una figura specificamente formata per cogliere e facilitare in modo integrato la dimensione evolutiva, offre ai clinici un prezioso strumento per orientare il bambino e la sua famiglia, verso un percorso terapeutico in cui integrare le diverse competenze professionali dell’équipe, nei modi e nei tempi più consoni al singolo caso.

Nell’ottica della collaborazione professionale e dell’arricchimento terapeutico nell’integrazione di diverse competenze, anche a Bologna sono sta già sperimentate in età precoce (2-3 anni), per bambini con D.S.L., forme di collaborazione interessanti tra logopediste e psicomotriciste, con la costituzione di gruppi co-condotti da entrambe le figure. Il lavoro in questo caso si centra sugli aspetti simbolico-rappresentativi in un contesto  ludico e maggiormente facilitante gli scambi comunicativi.

Queste esperienze, sorte in modo sperimentale, oltre che proporre un contesto riabilitativo più stimolante per i bambini, hanno il vantaggio non trascurabile di poter rispondere ad un numero maggiore di utenti e rappresentare per le logopediste uno strumento di formazione sul campo, nella conduzione di gruppi.

La precocità della presa in carico è comunque il nodo che avvertiamo fondamentale qualunque sia la modalità del nostro intervento: attualmente nel migliore dei casi i bambini ci vengono segnalati ad un’età che le recenti ricerche del gruppo di Roma La Sapienza definiscono di “strutturazione del disturbo” (36-48 mesi).

Solo alcuni bambini con evidenti problemi di interazione-comunicazione ci sono stati segnalati in una fase ancora di emergenza del disturbo (24-30 mesi). Poiché è ampiamente documentata la comorbidità tra disturbi di sviluppo e disturbi psicopatologici o di apprendimento e la necessità di intervento precoce, la sensazione che proviamo con i bambini più grandi, è quella di intervenire in una fase in cui le possibilità di armonizzazione dello sviluppo sono limitate. Allo stesso modo osserviamo che prima interveniamo più veloce è il recupero del bambino in tutti gli aspetti del disturbo.

Con i bambini segnalati prima dei tre anni si possono infatti realizzare interessanti esperienze di osservazione e/o intervento psicomotorio con la mamma in sala, per mobilizzare e sostenere le risorse interattive della coppia, in un contesto che naturalmente favorisce lo scambio ludico e la comunicazione in tutti i suoi aspetti. Proprio per la potenzialità che la formazione dei Terapisti della neuropsicomotricità possiede nell’osservazione precoce dei segnali di integrazione disarmonica di aspetti motori, cognitivi e affettivi e nella mobilizzazione delle risorse evolutive, si ritiene che potrebbero svolgere un ruolo molto importante anche nella collaborazione con i servizi territoriali  per la prima infanzia, dove più facilmente arrivano segnalazioni precoci di problemi che possono preludere ad un disturbo di sviluppo, quando non ne siano già sintomo.

In relazione a questo un’ultima considerazione vogliamo sottolineare l’alto indice di gradimento per la nostra attività che abbiamo quasi sempre riscontrato nei genitori. Essendo la psicomotricità un’attività meno connotata in senso psicopatologico o deficitario è stato spesso possibile attraverso l’invio del bambino ad un trattamento psicomotorio, allacciare con le famiglie un rapporto di alleanza che ha permesso il graduale affidarsi  al servizio e lo sviluppo di un intervento vissuto in termini evolutivi, sia dal bambino che dai suoi genitori.

 

Caudia Boni   Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Ausl Bologna

 

 

 

Bibliografia

(1) L.Benini, G.Bernardi, C.Boni, E.Pollari, M.L.Ribani, L.Zannetti : GIOCARE PER CRESCERE Città della salute Sett-Ott 1999.

(2) S. Greenspan , Lo sviluppo dell’io,  Franco Angeli, 1999, Milano

(3) F.Piperno, A.Fabrizzi, L’uso dello spazio nei gruppi per bambini in età prescolare: tra riabilitazione e psicoterapia    Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza 1996 vol 63: 413-424.

(4) Aucouturier Darrault Empinet, La pratica psicomotoria, Armando, Roma, 1986

(5) G.Nicolodi , Ti aiuto a giocare ,  Edizioni scientifiche, Csifra, Bologna, 2001

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