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LEGGE 285 del 1977

Indici delle leggi
Legge 28 agosto 1997, n. 285
“Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e
l’adolescenza”
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 207 del 5 settembre 1997
Art. 1.
(Fondo nazionale per l’infanzia
e l’adolescenza)
1. É istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo nazionale per l’infanzia e
l’adolescenza finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale per
favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la
socializzazione dell’infanzia e dell’adolescenza, privilegiando l’ambiente ad esse piú confacente
ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria, in attuazione dei princípi della Convenzione sui
diritti del fanciullo resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, e degli articoli 1 e 5
della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
2. Il Fondo é ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Una quota pari al
30 per cento delle risorse del Fondo é riservata al finanziamento di interventi da realizzare nei
comuni di Venezia, Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Brindisi,
Taranto, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari. La ripartizione del Fondo e della quota
riservata avviene, per il 50 per cento, sulla base dell’ultima rilevazione della popolazione minorile
effettuata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e per il 50 per cento secondo i seguenti criteri:
a) carenza di strutture per la prima infanzia secondo le indicazioni del Centro nazionale di
documentazione e di analisi per l’infanzia della Presidenza del Consiglio dei ministri;
b) numero di minori presenti in presídi residenziali socio-assistenziali in base all’ultima rilevazione
dell’ISTAT;
c) percentuale di dispersione scolastica nella scuola dell’obbligo come accertata dal Ministero della
pubblica istruzione;
d) percentuale di famiglie con figli minori che vivono al di sotto della soglia di povertà cosí come
stimata dall’ISTAT;
e) incidenza percentuale del coinvolgimento di minori in attività criminose come accertata dalla
Direzione generale dei servizi civili del Ministero dell’interno, nonché dall’Ufficio centrale per la
giustizia minorile del Ministero di grazia e giustizia.
3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la
solidarietà sociale, con proprio decreto emanato di concerto con i Ministri dell’interno, del tesoro, di
grazia e giustizia e con il Ministro per le pari opportunità, sentite la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nonché le
Commissioni parlamentari competenti, provvede alla ripartizione delle quote del Fondo tra le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di quelle riservate ai comuni, ai sensi del
comma 2.
4. Per il finanziamento del Fondo é autorizzata la spesa di lire 117 miliardi per l’anno 1997 e di lire
312 miliardi a decorrere dall’anno 1998.
Art. 2.
(Ambiti territoriali di intervento)
1. Le regioni, nell’ambito della programmazione regionale, definiscono, sentiti gli enti locali, ai
sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 giugno 1990, n. 142, ogni tre anni, gli ambiti territoriali
di intervento, tenuto conto della presenza dei comuni commissariati ai sensi dell’articolo 15- bis
della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni, e procedono al riparto economico
delle risorse al fine di assicurare l’efficienza e l’efficacia degli interventi e la partecipazione di tutti i
soggetti coinvolti. Possono essere individuati, quali ambiti ter ritoriali di intervento, comuni,
comuni associati ai sensi degli articoli 24, 25 e 26 della legge 8 giugno 1990, n. 142, comunità
montane e province.
2. Gli enti locali ricompresi negli ambiti territoriali di intervento di cui al comma 1, mediante
accordi di programma definiti ai sensi dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, cui
partecipano, in particolare, i provveditorati agli studi, le aziende sanitarie locali e i centri per la
giustizia minorile, approvano piani territoriali di intervento della durata massima di un triennio,
articolati in progetti immediatamente esecutivi, nonché il relativo piano economico e la prevista
copertura finanziaria. Gli enti locali assicurano la partecipazione delle organizzazioni non lucrative
di utilità sociale nella definizione dei piani di intervento. I piani di intervento sono trasmessi alle
regioni, che provvedono all’approvazione ed alla emanazione della relativa delibera di
finanziamento a valere sulle quote del Fondo di cui all’articolo 1 ad esse attribuite ai sensi del
medesimo articolo 1, comma 3, nei limiti delle disponibilità assegnate ad ogni ambito territoriale,
entro i successivi sessanta giorni. Le regioni possono impiegare una quota non superiore al 5 per
cento delle risorse loro attribuite per la realizzazione di programmi interregionali di scambio e di
formazione in materia di servizi per l’infanzia e per l’adolescenza.
3. Le regioni possono istituire fondi regionali per il finanziamento dei piani di intervento ad
integrazione delle quote di competenza regionale del Fondo di cui all’articolo 1, nonché di interventi
non finanziati dallo stesso Fondo.
Art. 3.
(Finalità dei progetti)
1. Sono ammessi al finanziamento del Fondo di cui all’articolo 1 i progetti che perseguono le
seguenti finalità:
a) realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genito re-figli, di contrasto
della povertà e della violenza, nonché di misure alternative al ricovero dei minori in istituti
educativo-assistenziali, tenuto conto altresí della condizione dei minori stranieri;
b) innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia;
c) realizzazione di servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero, anche nei periodi di
sospensione delle attività didattiche;
d) realizzazione di azioni positive per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, per
l’esercizio dei diritti civili fondamentali, per il miglioramento della fruizione dell’ambiente urbano e
naturale da parte dei minori, per lo sviluppo del benessere e della qualità della vita dei minori, per la
valorizzazione, nel rispetto di ogni diversità, delle caratteristiche di genere, culturali ed etniche;
e) azioni per il sostegno economico ovvero di servizi alle famiglie naturali o affidatarie che abbiano
al loro interno uno o piú minori con handicap al fine di migliorare la qualità del gruppo-famiglia ed
evitare qualunque forma di emarginazione e di istituzionalizzazione.
Art. 4.
(Servizi di sostegno alla relazione genitore-figli, di contrasto della povertà e della violenza, nonché
misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali)
1. Le finalità dei progetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a) , possono essere perseguite, in
particolare, attraverso:
a) l’erogazione di un minimo vitale a favore di minori in stato di bisogno inseriti in famiglie o
affidati ad uno solo dei genitori, anche se separati;
b) l’attività di informazione e di sostegno alle scelte di maternità e paternità, facilitando l’accesso ai
servizi di assistenza alla famiglia ed alla maternità di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405, e
successive modificazioni;
c) le azioni di sostegno al minore ed ai componenti della famiglia al fine di realizzare un’efficace
azione di prevenzione delle situazioni di crisi e di rischio psico-sociale anche mediante il
potenziamento di servizi di rete per interventi domiciliari, diurni, educativi territoriali, di sostegno
alla frequenza scolastica e per quelli di pronto intervento;
d) gli affidamenti familiari sia diurni che residenziali;
e) l’accoglienza temporanea di minori, anche sieropositivi, e portatori di handicap fisico, psichico e
sensoriale, in piccole comunità educativo-riabilitative;
f) l’attivazione di residenze per donne agli arresti domiciliari nei casi previsti dall’articolo 47- ter,
comma 1, numero 1), della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, alle quali
possono altresí accedere i padri detenuti, qualora la madre sia deceduta o sia assolutamente
impossibilitata a prestare assistenza ai figli minori;
g) la realizzazione di case di accoglienza per donne in difficoltà con figli minori, o in stato di
gravidanza, nonché la promozione da parte di famiglie di accoglienze per genitori unici esercenti la
potestà con figli minori al seguito;
h) gli interventi di prevenzione e di assistenza nei casi di abuso o di sfruttamento sessuale, di
abbandono, di maltrattamento e di violenza sui minori;
i) i servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori al fine del superamento
delle difficoltà relazionali;
l) gli interventi diretti alla tutela dei diritti del bambino malato ed ospedalizzato.
2. La realizzazione delle finalità di cui al presente articolo avviene mediante progetti personalizzati
integrati con le azioni previste nei piani socio-sanitari regionali.
Art. 5.
(Innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia)
1. Le finalità dei progetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), possono essere perseguite, in
particolare, attraverso:
a) servizi con caratteristiche educative, ludiche, culturali e di aggregazione sociale per bambini da
zero a tre anni, che prevedano la presenza di genitori, familiari o adulti che quotidianamente si
occupano della loro cura, organizzati secondo criteri di flessibilità;
b) servizi con caratteristiche educative e ludiche per l’assistenza a bambini da diciotto mesi a tre
anni per un tempo giornaliero non superiore alle cinque ore, privi di servizi di mensa e di riposo
pomeridiano.
2. I servizi di cui al comma 1 non sono sostitutivi degli asili nido previsti dalla legge 6
dicembre 1971, n. 1044, e possono essere anche autorganizzati dalle famiglie, dalle
associazioni e dai gruppi.
Art. 6.
(Servizi ricreativi ed educativi
per il tempo libero)
1. Le finalità dei progetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), possono essere perseguite, in
particolare, attraverso il sostegno e lo sviluppo di servizi volti a promuovere e a valorizzare la
partecipazione dei minori a livello propositivo, decisionale e gestionale in esperienze aggregative,
nonché occasioni di riflessione su temi rilevanti per la convivenza civile e lo sviluppo delle capacità
di socializzazione e di inserimento nella scuola, nella vita aggregativa e familiare.
2. I servizi di cui al comma 1 sono realizzati attraverso operatori educativi con specifica
competenza professionale e possono essere previsti anche nell’ambito dell’at tuazione del
regolamento recante la disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle
istituzioni scolastiche, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567.
Art. 7.
(Azioni positive per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza)
1. Le finalità dei progetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), possono essere perseguite, in
particolare, attraverso:
a) interventi che facilitano l’uso del tempo e degli spazi urbani e naturali, rimuovono ostacoli nella
mobilità, ampliano la fruizione di beni e servizi ambientali, culturali, sociali e sportivi;
b) misure orientate alla promozione della conoscenza dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
presso tutta la cittadinanza ed in particolare nei confronti degli addetti a servizi di pubblica utilità;
c) misure volte a promuovere la partecipazione dei bambini e degli adolescenti alla vita della
comunità locale, anche amministrativa.
Art. 8.
(Servizio di informazione,
promozione, consulenza, monitoraggio
e supporto tecnico)
1. Il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri attiva un servizio
di informazione, di promozione, di consulenza, di monitoraggio e di supporto tecnico per la
realizzazione delle finalità della presente legge. A tali fini il Dipartimento si avvale del Centro
nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia.
2. Il servizio svolge le seguenti funzioni:
a) provvede alla creazione di una banca dati dei progetti realizzati a favore dell’infanzia e
dell’adolescenza;
b) favorisce la diffusione delle conoscenze e la qualità degli interventi;
c) assiste, su richiesta, gli enti locali e territoriali ed i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, nella
elaborazione dei progetti previsti dai piani territoriali di intervento, con particolare attenzione,
altresí, per la realizzazione dei migliori progetti nelle aree di cui all’obiettivo 1 del regolamento
(CEE) n. 2052/88 del Consiglio del 24 giugno 1988, come definite dalla Commissione delle
Comunità europee.
3. Il servizio, in caso di rilevata necessità, per le funzioni di segreteria tecnica relative alle attività di
promozione e di monitoraggio e per le attività di consulenza e di assistenza tecnica, puó avvalersi,
sulla base di apposite convenzioni, di enti e strutture da individuare nel rispetto della normativa
nazionale e comunitaria sugli appalti pubblici di servizi.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la
solidarietà sociale, sentite le Commissioni parlamentari competenti, con proprio decreto, definisce
le modalità organizzative e di funzionamento per l’attuazione del servizio.
5. Per il funzionamento del servizio é autorizzata la spesa annua di lire 3 miliardi a decorrere dal
1997.
Art. 9.
(Valutazione dell’efficacia della spesa)
1. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
presentano una relazione al Ministro per la solidarietà sociale sullo stato di attuazione degli
interventi previsti dalla presente legge, sulla loro efficacia, sull’impatto sui minori e sulla società,
sugli obiettivi conseguiti e sulle misure da adottare per migliorare le condizioni di vita dei minori
nel rispettivo territorio. Qualora, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
le regioni non abbiano provveduto all’impegno contabile delle quote di competenza del Fondo di cui
all’articolo 1 ed all’individuazione degli ambiti territoriali di intervento di cui all’articolo 2, il
Ministro per la solidarietà sociale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede alla ridestinazione dei fondi alle
regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Per garantire la tempestiva attuazione degli interventi di cui alla presente legge nei comuni
commissariati, il Ministro dell’interno, con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro per
la solidarietà sociale, provvede a definire le funzioni delle prefetture competenti per territorio per il
sostegno e l’assistenza ai comuni ricompresi negli ambiti territoriali di intervento di cui all’articolo
2.
Art. 10.
(Relazione al Parlamento)
1. Entro il 30 settembre di ciascun anno il Ministro per la solidarietà sociale trasmette una relazione
al Parlamento sullo stato di attuazione della presente legge, tenuto conto delle relazioni presentate
dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 9.
Art. 11.
(Conferenza nazionale sull’infanzia e sull’adolescenza e statistiche ufficiali sull’infanzia)
1. Il Ministro per la solidarietà sociale convoca periodicamente, e comunque almeno ogni tre
anni, la Conferenza nazionale sull’infanzia e sull’adolescenza, organizzata dal Dipartimento
per gli affari sociali con il supporto tecnico ed organizzativo del Centro nazionale di
documentazione e di analisi per l’infanzia e della Conferenza dei presi denti delle regioni e
delle province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le Commissioni parlamentari
competenti. Gli oneri derivanti dalla organizzazione della Conferenza sono a carico del
Fondo di cui all’articolo 1.
2. Ai fini della realizzazione di politiche sociali rivolte all’infanzia e all’adolescenza,
l’ISTAT, anche attraverso i soggetti che operano all’interno del Sistema statistico nazionale
di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, assicura un flusso
informativo con periodicità adeguata sulla qualità della vita dell’infanzia e dell’adolescenza
nell’ambito della famiglia, della scuola e, in genere, della società.
Art. 12.
(Rifinanziamento della legge
19 luglio 1991, n. 216)
1. Per il rifinanziamento del fondo di cui all’articolo 3 della legge 19 luglio 1991, n. 216, come
modificato dall’articolo 3 del decreto-legge 27 maggio 1994, n. 318, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 luglio 1994, n. 465, é autorizzata la spesa di lire 30 miliardi per ciascuno degli anni
1997, 1998 e 1999.
2. Per il finanziamento dei progetti di cui all’articolo 4 della citata legge n. 216 del 1991, é
autorizzata la spesa di lire 10 miliardi per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999.
3. Agli oneri derivanti dall’attuazione dei commi 1 e 2, pari a lire 40 miliardi per ciascuno degli anni
1997, 1998 e 1999, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del
tesoro per l’anno 1997, a tal fine riducendo di pari importo l’accantonamento relativo al Ministero
dell’interno.
4. I prefetti trasmettono i rendiconti delle somme accreditate per i finanziamenti di cui all’articolo 3,
comma 2, della citata legge n. 216 del 1991, agli uffici regionali di riscontro amministrativo del
Ministero dell’interno.
Art. 13.
(Copertura finanziaria)
1. All’onere derivante dall’attuazione degli articoli 1 e 8 della presente legge, pari a lire 120 miliardi
per l’anno 1997 e a lire 315 miliardi per ciascuno degli anni 1998 e 1999, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al
capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1997, a tal fine riducendo
di pari importo l’accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
2. Le somme stanziate per le finalità di cui alla presente legge possono essere utilizzate quale
copertura della quota di finanziamento nazionale di programmi cofinanziati dall’Unione europea.
3. Il Ministro del tesoro é autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.

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