INTRODUZIONE
In generale i documenti definiti “Linee-Guida”, hanno come scopo prevalente quello di fornire indirizzi per l’organizzazione della rete dei servizi. Esse forniscono ai professionisti la cornice istituzionale ed individuano processi e procedure relativi alla prassi terapeutica.
Apriamo questo spazio con la presentazione delle Linee Guida Nazionali per le attività di riabilitazione del 1998, esse attualmente sono sottoposte a revisione, per la quale è stata attivata una commissione di esperti.
Ci sembra utile confrontarci con questo documento, appropriarci del lessico in esso contenuto, anche allo scopo di sviluppare un pensiero “critico”.
LINEE-GUIDA DEL MINISTRO DELLA SANITÀ PER LE ATTIVITA’ DI RIABILITAZIONE
Premessa
Obiettivo delle presenti linee-guida è fornire indirizzi per la organizzazione della rete dei servizi di
riabilitazione e criteri generali per gli interventi di assistenza riabilitativa attivabili all’interno dei
livelli uniformi di assistenza previsti dal Piano sanitario nazionale (PSN), adottando quale
riferimento un modello di percorso integrato socio-sanitario, ferma restando l’autonomia delle
regioni e delle province autonome nell’adottare le soluzioni organizzative più idonee in relazione
alle esigenze della propria programmazione. Tale percorso integrato socio-sanitario implica l’intima
connessione dei programmi di intervento sanitario, finalizzati a sviluppare tutte le risorse potenziali
dell’individuo, con gli interventi sociali orientati a sviluppare e rendere disponibili le risorse e le
potenzialità ambientali, amplifica e rinforza l’intervento riabilitativo, consentendo l’inserimento o il
reinserimento del disabile nei diversi cicli della vita sociale e il miglioramento della sua qualità di
vita e della sopravvivenza.
In tale contesto vanno collocate anche le risposte per la “ tutela a vita” di soggetti completamente
non autosufficienti o a responsività minimale. Tali tipologie di disabilità e handicap pongono
problematiche nuove e sono in progressivo aumento come emerge dai più recenti dati
epidemiologici relativi alle gravi disabilità quali quelle derivanti dagli esiti di gravi danni cerebrali
come i traumi cranioencefalici, gli stati di coma, le malformazioni vascolari, le lesioni midollari
cervicali complete, la cardiopatia ischemica, lo scompenso cardiaco, l’insufficienza respiratoria,
eccetera.
L’intervento riabilitativo viene finalizzato verso quattro obiettivi:
− Il recupero di una competenza funzionale che, per ragioni patologiche, è andata perduta;
− L’evocazione di una competenza che non è comparsa nel corso dello sviluppo;
− La necessità di porre una barriera alla regressione funzionale cercando di modificare la storia
naturale delle malattie cronico-degenerative riducendone i fattori di rischio e dominandone la
progressione;
− La possibilità di reperire formule facilitanti alternative.
L’intervento riabilitativo ha inizio al momento stesso in cui il danno si instaura. Il termine è definito
da un accurato bilancio tra la stabilizzazione degli esiti e la presenza di potenzialità di recupero.
Il primo stadio della riabilitazione in senso cronologico ha luogo al momento stesso di cui si verifica
la menomazione e, pertanto, o in fase acuta di malattia o all’accertamento di una patologia
congenita o cronica.
Il secondo stadio della riabilitazione prende avvio in funzione delle disabilità che residuano non
appena superata la fase acuta di malattia; concerne la fase post-acuta e riguarda sia le strutture
ospedaliere sia quelle extraospedaliere di riabilitazione, indipendentemente dal loro stato giuridico
(pubblico o privato).
Il terzo stadio richiede interventi sanitari meno sistematici (in quanto afferenti a una condizione di
handicap stabilizzato) e pertanto praticabili anche in termini di trattamento ambulatoriale, finalizzati
al mantenimento delle autonomie funzionali conseguite dal soggetto e alla prevenzione delle
possibili ulteriori involuzioni.
I suddetti criteri valgono, in linea generale, per ogni età e per ogni patologie invalidante o
potenzialmente tale. L’età evolutiva e l’età senile nonché la patologia di ordine psichico richiedono
considerazioni specifiche.
Nella elaborazione delle presenti linee-guida si conviene di attenersi alle raccomandazioni
dell’OMS, fatte proprie dal Consiglio d’Europa, di considerare insufficienti in riabilitazione i
riferimenti all’ICD (International Classification of Diseases) e quindi di integrarli con la
classificazione delle conseguenze delle malattie, così come contenute nella ICIDH (International
Classification of Impairment, Disabilities and Handicap) dell’OMS, nella versione corrente.
Infatti, sempre più frequentemente, un evento morboso, una malattia o un trauma non si
esauriscono nel ciclo danno-terapia-guarigione o morte, ma portano a una menomazione o a una
disabilità che rischia di trasformarsi in svantaggio esistenziale permanente o handicap. Queste
conseguenze rappresentano il campo proprio di intervento della riabilitazione.
Le presenti linee-guida, pur non affrontando in termini specifici il settore della riabilitazione
psichiatrica, costituiscono, tuttavia, un utile punto di riferimento per lo sviluppo di un approccio
riabilitativo nel campo della salute mentale, rinviandone la trattazione a un apposito e successivo
documento.
1. Strategia dell’intervento riabilitativo
La riabilitazione è un processo di soluzione dei problemi e di educazione nel corso dei quali si
porta una persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale,
sociale ed emozionale, con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative.
Il processo riabilitativo coinvolge anche la famiglia del soggetto e quanti sono a lui vicini.
Di conseguenza, il processo riabilitativo riguarda, oltre che aspetti strettamente clinici, anche
aspetti psicologici e sociali. Per raggiungere un buon livello di efficacia qualsiasi progetto di
riabilitazione, per qualsiasi individuo, deve quindi essere mirato su obiettivi plurimi, programmati in
maniera ordinata, perché l’autonomia raggiungibile nei diversi ambiti possa tradursi in autonomia
delle persona nel suo complesso e comunque in una migliore qualità della vita della persona.
La riabilitazione, in particolare in caso di episodio acuto, ha inizio dal momento dell’intervento
terapeutico in fase acuta. Questa deve essere, da subito, impostato anche attraverso un bilancio
attento dei possibili esiti della malattia in corso, assumendo, nell’iter terapeutico della fase acuta, i
provvedimenti che possono limitarli e prevedendo le condizioni che possono facilitare il successivo
e immediato passaggio alla fase più propriamente riabilitativa.
Sul piano operativo è utile distinguere fra interventi riabilitativi prevalentemente di tipo sanitario e
interventi riabilitativi prevalentemente di tipo sociale, facenti capo a specifiche reti integrate di
servizi e di presidi riabilitativi, a loro volta necessariamente intimamente connesse, come anche
definite nella raccomandazione R (92) 6 del Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa.
L’offerta di servizi integrati sociali e sanitari può essere organizzata attraverso il ricorso a strutture
diurne e residenziali e/o in forma domiciliare, allo scopo di garantire assistenza qualificata.
La legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (L.
104/92) definisce in modo chiaro e articolato gli interventi a sostegno dell’inserimento e
dell’integrazione sociale (attività di riabilitazione sociale), e all’art. 7 demanda al Servizio sanitario
nazionale (SSN) l’erogazione delle prestazione di “ cura e riabilitazione” (attività sanitarie di
riabilitazione). Tale compito è stato recepito fin dal Piano sanitario nazione 1994-96 (DPR 1 marzo
1994) che ha inserito le attività di riabilitazione fra le priorità nella ridefinizione della rete dei servizi
sanitari realizzata in base alle modificazioni del quadro epidemiologico e alle aspettative di qualità
della vita dei soggetti affetti da disabilità di lunga durata e da handicap permanenti.
Si definiscono quali “ attività sanitarie di riabilitazione” gli interventi valutativi, diagnostici, terapeutici
e le altre procedure finalizzate a portare il soggetto affetto da menomazione a contenere o
minimizzare la sua disabilità, e il soggetto disabile a muoversi, camminare, parlare, vestirsi,
mangiare, comunicare e relazionarsi efficacemente nel proprio ambiente familiare, lavorativo,
scolastico e sociale.
Si definiscono “ attività di riabilitazione sociale” le azioni e gli interventi finalizzati a garantire al
disabile la massima partecipazione possibile alla vita sociale con la minor restrizione possibile
delle sue scelte operative, indipendentemente dalla gravità delle menomazioni e delle disabilità
irreversibili, alfine di contenere la condizione di handicap.
Le attività sanitarie di riabilitazione, a eccezione di quelle di semplice terapia fisica strumentale per
disabilità minimali, segmentarie e/o transitorie, richiedono obbligatoriamente la presa in carico
clinica globale della persona mediante la predisposizione di un progetto riabilitativo individuale e la
sua realizzazione mediante uno o più programmi riabilitativi.
1.1 Progetto riabilitativo
Si definisce progetto riabilitativo individuale l’insieme di proposizione, elaborate dall’équipe
riabilitativa, coordinata dal medico responsabile.
Il progetto riabilitativo individuale:
− Indica il medico specialista responsabile del progetto stesso;
− Tiene conto in maniera globale dei bisogni, delle preferenze del paziente (e/o dei suoi familiari,
quando è necessario), delle sue menomazioni, disabilità e, soprattutto, delle abilità residue e
recuperabili, oltre che dei fattori ambientali, contestuali e personali;
− Definisce gli esiti desiderati, le aspettative e le priorità dei pazienti, dei suoi familiari, quando è
necessario, e dell’équipe curante;
− Deve dimostrare la consapevolezza e comprensione, da parte dell’intera équipe riabilitativa,
dell’insieme delle problematiche del paziente, compresi gli aspetti che non sono oggetto di
interventi specifici, e di regola può non prevedere una quantificazione degli aspetti di cui sopra,
ma ne dà una descrizione, in termini qualitativi e generali;
− Definisce il ruolo dell’équipe riabilitativa, composta da personale adeguatamente formato,
rispetto alle azioni da intraprendere per il raggiungimento degli esiti desiderati;
− Definisce, nelle linee generali, gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, i tempi previsti, le
azioni e le condizioni necessarie al raggiungimento degli esiti desiderati;
− È comunicato in modo comprensibile e appropriato al paziente e ai suoi familiari;
− È comunicato a tutti gli operatori coinvolti nel progetto stesso;
− Costituisce il riferimento per ogni intervento svolto dall’équipe riabilitativa.
Il medico coordinatore dell’équipe riabilitativa, d’intesa con la stessa équipe, provvede a garantire
un flusso costante di informazioni da e con il medico di famiglia, e con tutte le strutture coinvolte
nel percorso riabilitativo.
Il progetto riabilitativo individuale deve essere modificato, adattato e nuovamente comunicato al
paziente e gli operatori qualora si verifichi un cambiamento sostanziale degli elementi in base a cui
è stato elaborato (bisogni, preferenze, menomazioni, abilità-disabilità residue, limiti ambientali e di
risorse, aspettative, priorità) anche in relazione ai tempi, alle azioni o alle condizioni
precedentemente definiti. Va, peraltro, rilevato che la stessa programmazione della disponibilità e
dell’organizzazione degli spazi, del lavoro e delle modalità operative di tutta la struttura per
garantire una idonea funzione di supporto, finalizzata alla protezione e alla stimolazione delle
capacità funzionali e relazionali di tutti i soggetti assistiti, deve essere concepita in una logica
progettuale, configurando così un vero e proprio “ progetto riabilitativo di struttura”.
1.2 Programma riabilitativo
All’interno del progetto riabilitativo, il programma riabilitativo” definisce le aree di intervento
specifiche, gli obiettivi a breve termine, i tempi e le modalità di erogazione degli interventi, gli
operatori coinvolti, la verifica degli interventi. In particolare:
− Definisce le modalità della presa in carico da parte di una specifica struttura dell’area
riabilitativa;
− Definisce gli interventi specifici durante il periodo di presa in carico;
− Individua e include gli obiettivi immediati (da raggiungere nello spazio di pochi giorni) e/o gli
obiettivi a breve termine (da raggiungere nell’ambito di poche settimane) e li aggiorna nel
tempo;
− Definisce modalità e tempi di erogazione delle singole prestazioni previste negli stessi
interventi;
− Definisce le misure di esito appropriate per la valutazione degli interventi, l’esito atteso in base
a tali misure e il tempo di verifica del raggiungimento di un dato esito;
− Individua i singoli operatori coinvolti negli interventi e ne definisce il relativo impegno, nel
rispetto delle relative responsabilità professionali;
− Viene puntualmente verificato e aggiornato periodicamente durante il periodo di presa in
carico;
− Costituisce un elemento di verifica del progetto riabilitativo.
2. Interventi di riabilitazione e articolazione dei presidi eroganti
2.1 Fasi dell’intervento riabilitativo
Le fasi dell’intervento riabilitativo possono essere così descritte:
– Fase della prevenzione del danno secondario e delle conseguenti menomazioni. In ogni
patologia, con maggiore o minore rischio si può sviluppare una condizione di disabilità e quindi
l’intervento riabilitativo deve essere inserito (con modalità e impegno diverso a seconda delle
diverse situazioni ) già nella fase acuta all’interno del protocollo terapeutico;
– Fase della riabilitazione intensiva. E’ caratterizzata da interventi valutativi e terapeutici intensivi
ed è abitualmente collocata nella cosiddetta fase dell’immediata post-acuzie della malattia,
quando l’intervento riabilitativo può positivamente influenzare i processi biologici che
sottendono il recupero, contenendo e riducendo l’entità della menomazione e quando la
disabilità è maggiormente modificabile; tale fase può essere necessaria anche in situazioni di
riacutizzazione e recidive dell’evento patologico;
– Fase di completamento del processo di recupero e del progetto di riabilitazione (riabilitazione
estensiva o intermedia). Si caratterizza con modalità diverse in rapporto alla natura e tipologia
della menomazione e della disabilità ed è comunque tale da non richiedere interventi intensivi;
– Fase di mantenimento e/o di prevenzione della progressione della disabilità: si caratterizza con
diverse tipologie di interventi riabilitativi sanitari abitualmente integrati con l’attività di
riabilitazione sociale.
2.2 Tipologie degli interventi di riabilitazione
In relazione all’intensità e complessità delle attività sanitarie di riabilitazione e alla quantità e
qualità di risorse assorbite le stesse si distinguono in:
a) Attività di riabilitazione estensiva o intermedia: caratterizzate da un moderno impegno
terapeutico a front e di un forte intervento di supporto assistenziale verso i soggetti in
trattamento. L’impegno clinico e terapeutico è comunque tale da richiedere una presa in carico
specificatamente riabilitativa e complessivamente le attività terapeutiche sono valutabili tra una
e tre ore giornaliere.
Gli interventi di riabilitazione estensiva o intermedia sono rivolti al trattamento di:
1. Disabilità transitorie e/o minimali che richiedono un semplice e breve programma terapeutico-
riabilitativo attuabile attraverso il ricorso alle prestazioni previste dal DM 22 luglio 1996
Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario
nazionale e relative tariffe” e successive modifiche e integrazioni;
2. Disabilità importanti con possibili esiti permanenti, spesso multiple, che richiedono una presa in
carico nel lungo termine richiedenti un “ progetto riabilitativo” .
Il progetto riabilitativo e i suoi programmi attuativi definiscono i tempi di completamento dei cicli
riabilitativi, di norma contenuti entro 240 giorni , fatta eccezione per:
− I pazienti affetti da gravi patologie a carattere involutivo (sclerosi multipla, distrofia muscolare,
sclerosi laterale amiotrofica, malattia di Alzheimer, alcune patologie congenite su base
genetica), con gravi danni cerebrali o disturbi psichici, i pluriminorati anche sensoriali, per i
quali il progetto riabilitativo può estendersi anche oltre senza limitazioni;
− I pazienti “ stabilizzati” nella loto condizione di non perfetto recupero funzionale per i quali
possono essere previsti cicli riabilitativi anche su base annua;
b) attività di riabilitazione intensiva: dirette al recupero di disabilità importanti, modificabili, che
richiedono un elevato impegno diagnostico medico specialistico a indirizzo riabilitativo e
terapeutico in termini di complessità e/o di durata dell’intervento (orientativamente riferibile ad
almeno tre ore giornaliere di terapia specifica, intese come quelle erogate direttamente dal
personale tecnico sanitario della riabilitazione, quale, per esempio, il fisioterapista, il
logopedista, il terapista occupazionale, l’educatore professionale e l’infermiere in quegli atti
finalizzati al miglioramento della adl-Attività della vita quotidiana). Il progetto riabilitativo e i suoi
programmi attuativi definiscono i tempi di completamento dei cicli riabilitativi, di norma
contenuti entro 120 giorni.
Gli interventi di riabilitazione intensiva sono rivolti al trattamento:
− patologie complesse che richiedono la permanenza in ambiente riabilitativo dedicato
specialistico e l’interazione con altre discipline specialistiche;
− delle menomazioni più gravi e delle disabilità più complesse, nonché di quelle connesse con
forme di patologia rara per il cui trattamento si richiede l’acquisizione di una adeguata
esperienza o l’utilizzo di attrezzature particolarmente complesse, di avanzata tecnologia e
l’integrazione con altre branche altamente specialistiche.